Tra pensiero computazionale e coding

“Apprendere significa diventare capaci di fare previsioni” (Frith, 2007)
Il Coding è entrato nelle nostre scuole non come una materia ma come un vero e proprio linguaggio che permette di sviluppare il pensiero computazionale, che è appunto un modo di pensare trasversale a diverse discipline. Il Coding può essere, quindi, concepito come una metodologia per imparare il linguaggio di questo secolo, una nuova alfabetizzazione che non porterà tutti i bambini a diventare informatici (proprio come studiare le lingue non fa diventare tutti interpreti o traduttori), ma permetterà loro di capire gli oggetti che li circondano e che sono sempre più interconnessi (Internet of Things, Smart TV, Smartphone, Computer, Wearable) e le dinamiche della nuova era della comunicazione. Grazie alle sue diverse forme, il Coding può essere introdotto nella scuola già nella prima infanzia, per poi farsi più evoluto con il crescere dell’età degli studenti. 

Algoritmi e Intelligenza Artificiale

Viviamo un momento storico basato sull’economia della conoscenza, nella quarta rivoluzione, quella dell’infosfera
(Floridi 2017), dove dalle informazioni, che noi stessi lasciamo in rete nel momento in cui mettiamo un like, postiamo
una foto, commentiamo un post, tagghiamo un luogo o utilizziamo un qualsiasi servizio, è possibile estrapolare un
valore. A differenza di un tempo dove il valore era dato dal possesso di cose (terra, merci, edifici) oggi il valore nel
sistema economico (Capitalismo digitale) è legato alle informazioni possedute (Rivoltella, 2020).

Scrivere digitale Come essere scrittori virtuosi del web

Il concetto di prosumer è ormai familiare a tutti noi: è una parola che deriva dalla crasi di due termini, producer e consumer, rispettivamente produttore e consumatore. Facciamo riferimento al consumatore del web che, pur mantenendo il suo ruolo di fruitore di contenuti, ne diventa anche produttore, affiancando la competenza di pensiero critico con quella di responsabilità di ciò che vuole creare e condividere nel web

Storytelling Narrare storie nuove (anche nel web)

Potremmo riassumere la definizione di storytelling in “la capacità di narrare unitamente a quella di saper comunicare la storia che si è scelto di narrare”.
Ma che cosa vuol dire narrare? “La narrazione è una forma di trasmissione delle esperienze, un vettore di miti universali, fatti ed episodi del passato utili a tramandare una lezione e infondere saggezza: lo storytelling mira ad anticipare la realtà, è narrazione predittiva” (Sordi, 2018). 

Spazio pubblico e spazio privato Un confine mobile

L’avvento dei media digitali e sociali ha cambiato la direzione di molti processi: l’accesso ai contenuti, la gestione della comunicazione, la possibilità di attivare relazioni e mantenere saldi i legami che abbiamo con gli altri (pensiamo solo all’esperienza della pandemia), la percezione del rapporto con il tempo (“always on”) e con lo spazio. 
Il concetto di portabilità:
Due sono le ragioni che introduciamo in apertura: la prima ha a che fare con la “forma” dei dispositivi stessi. I media sono sempre più indossabili, portabili e trasportabili. La portabilità porta i servizi, le conoscenze e le persone potenzialmente sempre con noi, proprio perché i dispositivi stessi sono “sempre in tasca”. «(…) Se in un tempo non molto lontano era naturale scindere tra situazioni con e senza media, oggi è quasi impossibile anche pensarlo» (Carenzio, 2018, p. 48-49). Siamo in quella che Sonia Livingstone aveva definito qualche tempo fa cultura della tasca (“pocket culture”) in continuità – e non necessariamente in sostituzione – della cultura della cameretta (“bedroom  culture”) e della cultura del salotto (“living room culture”). Il tempo che viviamo – segnato dall’indossabilità dei media che sono “wearable” – è probabilmente già nella cultura del chip, dove la distinzione tra dispositivi e soggetti è sempre più labile. Proprio alla luce delle trasformazioni nella percezione di una distinzione netta tra spazi diversi, emerge in parallelo una diversa percezione del tempo: quello del lavoro, della scuola, delle professioni, ma anche del tempo libero e degli investimenti affettivi. Dal momento che posso rispondere in qualsiasi luogo e momento, senza necessità di essere in uno spazio dedicato, ecco che diventa più complesso introdurre una separazione netta tra spazi diversi.